Lo stalking è un comportamento che
consiste nell’assillare, “stare alle costole” di una persona in maniera
chiaramente molesta, e sollecitarne l’attenzione e le reazioni in una maniera
assillante.
Il molestatore assillante (stalker)
ha come scopo quello di coinvolgere l’oggetto delle sue attenzioni in un
rapporto di qualche tipo, che può semplicemente essere quello creato dalla
molestia.
Lo stalking prevede che, per almeno un
periodo prolungato, lo stalker metta in atto una serie di iniziative,
varie o monotone, in maniera ripetitiva e refrattaria alle dimostrazioni di
fastidio o di allarme della persona. L’atteggiamento è tipicamente oscillante
tra la “supplica” di attenzione e considerazione e la rivendicazione aggressiva
di un diritto ad avere un rapporto con la vittima. Lo stalking
tipicamente si mette in atto con una fase preliminare non immediatamente
riconoscibile in cui lo stalker “imposta” il rapporto con la sua vittima
mediante un iniziale contatto in forma accettabile, o intensifica rapporti di
amicizia sulla base di una frequentazione reale (lavorativa ad esempio),
esprimendo sentimenti positivi e atteggiamenti di disponibilità, interesse e
cordialità. In una fase successiva lo stalker tenterà un “salto di
qualità” del rapporto forzandone le caratteristiche e suscitando nella vittima
perplessità, disagio o allarme. All’insistenza dello stalker sarà
opposto un rifiuto o subentrerà un evitamento da parte della vittima, e questo
sarà seguito dalla fase di stalking propriamente detto. Da notare
infatti che molti rapporti procedono fino all’ultima fase in maniera
fisiologica, e decadono naturalmente se i sentimenti o le aspettative non sono
ricambiate. Nello stalking invece la persona mostra una tendenza a
“fissarsi” sull’idea di avere un rapporto con la persona, pur se conflittuale o
addirittura distruttivo, come se questo dovesse essere preliminare ad una
dimostrazione di superiorità, ad una conquista o ad una rivendicazione coronata
da successo.
Le condotte di stalking comprendono
i contatti telefonici o via mail/sms/lettera o altre forme di messaggio
scritto; sorveglianza e appostamenti sui luoghi frequentati dalla persona con
espresso intento di farsi vedere dalla persona stessa; contatto diretto con la
persona, spesso associato agli appostamenti, con proposte di vario tipo;
aggressioni vere e proprie, sessuali e non; danni alle proprietà o alle
situazioni che coinvolgono normalmente la persona, ai suoi animali domestici o
alle persone con cui ha rapporti stretti.
Lo stalker può essere convinto che
esista un rapporto con la vittima, sulla base di un suo delirio, oppure
semplicemente ritenere che sia fondamentale e prioritario avere un rapporto
costruirlo e insistere nel pretenderlo, o nel pretendere che non si interrompa.
Possono assumere comportamenti da stalker
perfetti sconosciuti come persone con cui c’è stato un rapporto concreto più o
meno stretto e duraturo, colleghi di lavoro o persone conosciute nella
condivisione di determinati ambienti sociali o esperienze. Il movente può
essere sessuale/erotico come di rivendicazione sulla base dell’idea di aver
subito torti o umiliazioni, o semplicemente l’idea di dover avere un rapporto
privilegiato o stretto con una persona (di cui si dichiarano ammiratori o
seguaci).
Gli stalkers spesso minacciano la
vittima, meno frequente è l’aggressione. Il rischio di violenza è maggiore nei
casi in cui la persona non è psicotica (cioè non “inventa” rapporti su basi non
esistenti) e nei casi in cui stalker e vittima sono “ex”, cioè si sono
frequentati o hanno avuto un rapporto fisico. Questa regola vale sia all’inizio
dello stalking, sia nel suo svolgimento.
Rispondere allo stalker, cercare un
accordo, tentare di farlo ragionare e incontrarlo per discutere le ragioni
delle sue azioni significa costruire una “storia”, anche se fatta solo di
scontri e chiarimenti impossibili, che per lo stalker è comunque la
conferma dell’esistenza di un rapporto o della possibilità che questo rapporto
esista in futuro. Le scuse sono un tipico esempio di come lo stalker
tenti di costruire un rapporto con la vittima: se la vittima accetta le scuse
in qualche modo riconosce allo stalker la dignità di una persona che
cerca legittimamente contatti.
A differenza di tutti i rapporti non
desiderati o non corrisposti, i corteggiamenti insistiti o espliciti che non
sono ricambiati e diventano fastidiosi, le molestie occasionali, quello dello stalking
è un comportamento caratteristico per la sua persistenza e per la sua
pericolosità.
Sia la vittima che lo stalker
dovrebbero ricevere adeguate informazioni, non solo di natura legale ma anche
psicologica ed eventualmente un trattamento. Lo stalker può beneficiare di un
trattamento per evitare di rimanere preda di un comportamento che gli porterà
conseguenze gravi e non gli consentirà comunque di ottenere il proprio scopo.
L’idea dello stalker, cioè che ne uscirà insistendo, o che non ne uscirà perché
il problema è una relazione impossibile, sono appunto le idee inevitabili per
chi è “dentro” una fase di stalking, da cui però ci si può gradualmente
liberare.
La vittima può beneficiare di un
intervento sia per sostenere lo stress legato alla perseceuzione, sia per
capire come evitare comportamenti che possono aggravare e incoraggiare, anche
in buona fede, il comportamento dello stalker. Inoltre, alcune vittime
necessitano di un trattamento per i postumi dello stalking, anche dopo mesi o
anni, perché non riescono a liberarsi delle paure indotte dalle minacce e del
ricordo delle aggressioni subite.
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