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martedì 5 novembre 2013

Stalking - la sindrome delle molestie




Lo stalking è un comportamento che consiste nell’assillare, “stare alle costole” di una persona in maniera chiaramente molesta, e sollecitarne l’attenzione e le reazioni in una maniera assillante.

Il molestatore assillante (stalker) ha come scopo quello di coinvolgere l’oggetto delle sue attenzioni in un rapporto di qualche tipo, che può semplicemente essere quello creato dalla molestia.

Lo stalking prevede che, per almeno un periodo prolungato, lo stalker metta in atto una serie di iniziative, varie o monotone, in maniera ripetitiva e refrattaria alle dimostrazioni di fastidio o di allarme della persona. L’atteggiamento è tipicamente oscillante tra la “supplica” di attenzione e considerazione e la rivendicazione aggressiva di un diritto ad avere un rapporto con la vittima. Lo stalking tipicamente si mette in atto con una fase preliminare non immediatamente riconoscibile in cui lo stalker “imposta” il rapporto con la sua vittima mediante un iniziale contatto in forma accettabile, o intensifica rapporti di amicizia sulla base di una frequentazione reale (lavorativa ad esempio), esprimendo sentimenti positivi e atteggiamenti di disponibilità, interesse e cordialità. In una fase successiva lo stalker tenterà un “salto di qualità” del rapporto forzandone le caratteristiche e suscitando nella vittima perplessità, disagio o allarme. All’insistenza dello stalker sarà opposto un rifiuto o subentrerà un evitamento da parte della vittima, e questo sarà seguito dalla fase di stalking propriamente detto. Da notare infatti che molti rapporti procedono fino all’ultima fase in maniera fisiologica, e decadono naturalmente se i sentimenti o le aspettative non sono ricambiate. Nello stalking invece la persona mostra una tendenza a “fissarsi” sull’idea di avere un rapporto con la persona, pur se conflittuale o addirittura distruttivo, come se questo dovesse essere preliminare ad una dimostrazione di superiorità, ad una conquista o ad una rivendicazione coronata da successo.

Le condotte di stalking comprendono i contatti telefonici o via mail/sms/lettera o altre forme di messaggio scritto; sorveglianza e appostamenti sui luoghi frequentati dalla persona con espresso intento di farsi vedere dalla persona stessa; contatto diretto con la persona, spesso associato agli appostamenti, con proposte di vario tipo; aggressioni vere e proprie, sessuali e non; danni alle proprietà o alle situazioni che coinvolgono normalmente la persona, ai suoi animali domestici o alle persone con cui ha rapporti stretti.

Lo stalker può essere convinto che esista un rapporto con la vittima, sulla base di un suo delirio, oppure semplicemente ritenere che sia fondamentale e prioritario avere un rapporto costruirlo e insistere nel pretenderlo, o nel pretendere che non si interrompa.

Possono assumere comportamenti da stalker perfetti sconosciuti come persone con cui c’è stato un rapporto concreto più o meno stretto e duraturo, colleghi di lavoro o persone conosciute nella condivisione di determinati ambienti sociali o esperienze. Il movente può essere sessuale/erotico come di rivendicazione sulla base dell’idea di aver subito torti o umiliazioni, o semplicemente l’idea di dover avere un rapporto privilegiato o stretto con una persona (di cui si dichiarano ammiratori o seguaci).

Gli stalkers spesso minacciano la vittima, meno frequente è l’aggressione. Il rischio di violenza è maggiore nei casi in cui la persona non è psicotica (cioè non “inventa” rapporti su basi non esistenti) e nei casi in cui stalker e vittima sono “ex”, cioè si sono frequentati o hanno avuto un rapporto fisico. Questa regola vale sia all’inizio dello stalking, sia nel suo svolgimento.

Rispondere allo stalker, cercare un accordo, tentare di farlo ragionare e incontrarlo per discutere le ragioni delle sue azioni significa costruire una “storia”, anche se fatta solo di scontri e chiarimenti impossibili, che per lo stalker è comunque la conferma dell’esistenza di un rapporto o della possibilità che questo rapporto esista in futuro. Le scuse sono un tipico esempio di come lo stalker tenti di costruire un rapporto con la vittima: se la vittima accetta le scuse in qualche modo riconosce allo stalker la dignità di una persona che cerca legittimamente contatti.

A differenza di tutti i rapporti non desiderati o non corrisposti, i corteggiamenti insistiti o espliciti che non sono ricambiati e diventano fastidiosi, le molestie occasionali, quello dello stalking è un comportamento caratteristico per la sua persistenza e per la sua pericolosità.

Sia la vittima che lo stalker dovrebbero ricevere adeguate informazioni, non solo di natura legale ma anche psicologica ed eventualmente un trattamento. Lo stalker può beneficiare di un trattamento per evitare di rimanere preda di un comportamento che gli porterà conseguenze gravi e non gli consentirà comunque di ottenere il proprio scopo. L’idea dello stalker, cioè che ne uscirà insistendo, o che non ne uscirà perché il problema è una relazione impossibile, sono appunto le idee inevitabili per chi è “dentro” una fase di stalking, da cui però ci si può gradualmente liberare.

La vittima può beneficiare di un intervento sia per sostenere lo stress legato alla perseceuzione, sia per capire come evitare comportamenti che possono aggravare e incoraggiare, anche in buona fede, il comportamento dello stalker. Inoltre, alcune vittime necessitano di un trattamento per i postumi dello stalking, anche dopo mesi o anni, perché non riescono a liberarsi delle paure indotte dalle minacce e del ricordo delle aggressioni subite.

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