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giovedì 7 novembre 2013

Rapporti con la stampa – Divulgazione pubblica del nominativo dei propri clienti – Divieto – Art. 17 Codice deontologico – Violazione – Censurabilità.

1. – L’art. 17 del Codice deontologico forense, che vieta all’avvocato di rivelare al pubblico il nome dei propri clienti anche se questi vi consentano, è rimasto in vigore anche dopo l’emanazione della L. n. 248 del 2006 (c.d. decreto Bersani) e finanche dopo i rilievi formulati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato all’esito di un’indagine conoscitiva in ordine al recepimento, da parte degli Ordini professionali, dei principi stabiliti dalla citata legge.
2. – La ratio del divieto stabilito dall’art. 17 del Codice deontologico forense, che impone all’avvocato di non rivelare al pubblico il nome dei propri clienti anche se questi vi consentano, mira a salvaguardare non la riservatezza delle persone (tanto che il divieto vige anche in presenza del consenso eventualmente concesso dalle persone interessate) bensì di evitare un’esposizione autoreferenziale del professionista a discapito dell’esigenza di una corretta informazione dell’utente.
3. – Ai fini del divieto stabilito dall’art. 17 del Codice deontologico forense, che impone all’avvocato di non rivelare al pubblico il nome dei propri clienti anche se questi vi consentano, non può assumere alcuna importanza la circostanza secondo la quale gli incarichi menzionati in una intervista rilasciata ad un quotidiano siano già esauriti al momento dell’intervista medesima.
4. – Il giornalista che fornisca la notizia di un determinato caso giudiziario, in un momento storico in cui essa abbia rilievo in termini di attualità, e citi il nome di difensori e di clienti, esercita il diritto di cronaca, mentre diverso è il caso dell’avvocato che, parlando di sé, richiami un incarico oramai esaurito e dunque non più rilevante al fine dell’informazione; mentre nel primo caso il richiamo al nominativo del professionista rientra così in quell’insieme di informazioni necessarie ai fini di una completa espressione della cronaca, nel secondo caso l’avvocato, nel richiamare il nominativo dei propri clienti nel tempo da costui assistiti e non facendolo con finalità informative o difensive (essendo gli incarichi cessati), non può che farlo allo scopo di gratificare esclusivamente la propria immagine professionale, con comportamento disciplinarmente censurabile.
5. – Nell’ambito di una intervista apparentemente rilasciata ad un organo di stampa al fine di operare una ricostruzione dei propri studi universitari, del proprio cammino professionale ovvero di descrivere il tipo di attività svolta dal proprio studio legale, la citazione dei nominativi dei propri clienti un tempo assistiti, specie se di notoria conoscenza da parte dell’opinione pubblica, si appalesa del tutto superflua e, dunque, mirata esclusivamente ad esaltare la propria capacitò di attrazione di clientela, con fine chiaramente autoreferenziale, che l’art. 17 del Codice deontologico forense mira ad impedire; con la conseguenza che è congrua la sanzione della censura irrogata nella specie al responsabile.

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